Museo e Real Bosco di Capodimonte
La storia di Capodimonte
Salito al trono del nuovo Regno di Napoli nel 1734, Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, manifesta fin da subito il desiderio di trasferire nella capitale le opere della collezione Farnese, ereditata dalla madre, che si trovano in altre residenze di famiglia a Parma, Piacenza, Roma e Caprarola. Per ospitare i quadri e gli oggetti d’arte, Carlo affida all’ingegnere militare Giovanni Antonio Medrano, già suo precettore a Madrid, il compito di disegnare un nuovo palazzo sulla collina di Capodimonte. Scopo della nuova reggia è anche diventare una residenza di caccia e luogo di svago, con l’acquisizione di ampi terreni e boschi sulla collina nei quali la famiglia reale si possa dedicare all’attività venatoria.
Giovanni Antonio Medrano, Facciata o elevatione del real palazzo ideato per la villa di Capo di Monte, 1738. Bibliothèque nationale de France
La costruzione del palazzo inizia nel 1738 secondo un progetto che prevede un vasto edificio a pianta rettangolare a due piani, caratterizzato da uno sviluppo longitudinale con la successione in asse di tre vasti cortili porticati. Nei prospetti esterni, il Palazzo presenta delle facciate in stile dorico, con membrature in pietra grigia a contrasto con il rosso delle pareti intonacate. L’interno è caratterizzato da una successione di ambienti destinati ad attività di rappresentanza, appartamenti reali e sale per l’esposizione delle collezioni farnesiane, in una peculiare combinazione di reggia e museo.
Giovanni Antonio Medrano, Pianta del piano nobile del palazzo reale ideato per la villa di Capo di Monte, 1738. Bibliothèque nationale de France
Le prime opere della collezione Farnese, che vengono spedite a Napoli già a partire dal 1736, trovano ricovero temporaneo e non sempre adeguato in altre residenze reali, per poi essere trasferite nell’ancora incompiuta Reggia a partire dal 1758, quando, a palazzo non ancora ultimato, inizia l’allestimento delle sale. La sistemazione dell’intera collezione dei dipinti si conclude nel 1764, quando Carlo è già a Madrid sul trono di Spagna e la corona è passata a Ferdinando IV.
Antonio Joli, Ferdinando IV a cavallo con la corte a Capodimonte, 1760 ca.
Nel 1742-43 vengono avviati i lavori per la sistemazione a parco e giardini dell’area adiacente la Reggia su progetto dell’architetto Ferdinando Sanfelice, al quale viene affidata anche la sistemazione di un piccolo edificio all’interno del bosco nel quale ospitare la Real Fabbrica di Porcellane, e la progettazione di una chiesetta dedicata a San Gennaro. Dopo una lunga interruzione, i lavori nel parco riprendono nel 1763-66 sotto la direzione dell’architetto Ferdinando Fuga, secondo un progetto che prevede la realizzazione di lunghi viali alberati che si irradiano dal piazzale d’ingresso, decorati da numerose statue in marmo e intersecati da viali minori che creano suggestivi effetti prospettici all’interno di una fitta vegetazione naturale, così da combinare la tipologia del giardino all’italiana con l’aspetto apparentemente spontaneo del giardino romantico all’inglese.
La Reggia e il parco di Capodimonte
Nel 1759 Carlo si trasferisce a Madrid per diventare re di Spagna, lasciando il Regno di Napoli all’ancora giovane figlio Ferdinando IV; Carlo lascia la collezione Farnese a Napoli ma chiude la Real Fabbrica di Porcellane, portando con sé opere e artisti per proseguire l’attività a Madrid; la Fabbrica viene poi riaperta da Ferdinando nel 1773.
Fra il 1806 e il 1815 Capodimonte diventa la residenza prima di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte; con la soppressione degli ordini religiosi e l’espropriazione dei beni ecclesiastici, in questi anni passano al museo intere serie di quadri provenienti da chiese e conventi di Napoli e di tutto il Regno. Vengono inoltre avviate campagne di acquisti di dipinti di scuola napoletana, collezioni di arte orientale e occidentale, archeologiche, medievali e moderne, con il progetto di creare anche a Napoli un museo ‘universale’ sull’esempio di altri grandi musei europei. Già con Giuseppe Bonaparte, e poi con la Restaurazione e il ritorno di Ferdinando IV, le raccolte reali vengono unificate e trasferite nel Real Museo Borbonico, nella sede dell’ex Palazzo degli Studi (oggi Museo Archeologico Nazionale).
Museo di Capodimonte, Sala 68
Dal 1863 si progetta di destinare Capodimonte a sede di una galleria di arte contemporanea per ospitare le opere di più recente acquisizione e quelle di artisti viventi; negli anni seguenti, vengono trasferite alla Reggia l’armeria borbonica, il Gabinetto di Porcellana (già realizzato a metà ’700 da Giuseppe Gricci per la regina Maria Amalia per la Villa Favorita di Portici), ceramiche, figurine di presepe, arazzi.
Fra il 1906 e il 1945 il palazzo è assegnato come dimora al Duca d’Aosta, restando chiuso al pubblico per molti decenni; la pinacoteca cade in uno stato di abbandono, e molte opere vengono prelevate per decorare altre istituzioni pubbliche in città. Superati i difficili anni della guerra, durante i quali molte opere vengono trasferite in depositi sicuri, nel 1945 i Savoia lasciano la Reggia, che viene così restituita alla disponibilità pubblica.
Nel 1952 il palazzo viene destinato a sede museale; i lavori di sistemazione durano fino al 1957, quando viene inaugurato il nuovo Museo di Capodimonte, che raccoglie la Pinacoteca del Real Museo Borbonico, l’Armeria, le collezioni medievali e moderne di sculture, bronzi, ceramiche, disegni e arti orientali, arricchite a partire dagli anni ’60 da numerosi lasciti e acquisti.
Il percorso di visita
La vasta collezione del Museo di Capodimonte si sviluppa in gran parte al primo e al secondo piano del palazzo. La visita inizia dal primo piano, diviso fra le sale nelle quali è allestita la collezione Farnese, e l’Appartamento Reale.
Appartamento Reale, Salone delle feste © Museo di Capodimonte
Le sale che ospitano la collezione Farnese, che costituiscono il primo nucleo delle collezioni, sono destinate a museo fin dalla costruzione della Reggia per la loro esposizione a sud. Le opere sono esposte in sequenza cronologica per centri di provenienza, con opere della scuola emiliana (Correggio, Parmigianino, i Carracci, Guido Reni), toscana (Masaccio, Masolino da Panicale, Botticelli, Filippino Lippi), veneta (Tiziano, Mantegna, Bellini, Lorenzo Lotto), romana (Sebastiano del Piombo, Giulio Romano), fiamminga e tedesca (Bruegel, van Dyck, Rubens).
Giovanni Bellini, La Trasfigurazione
Le sale 13-14 costituiscono la cosiddetta Galleria delle cose rare o Wunderkammer, una riproposizione dei gabinetti dove un tempo venivano raccolti oggetti preziosi, straordinari, esotici, collezionati ed esposti per stupire i visitatori. Qui si trova il Cofanetto Farnese, magnifica opera di oreficeria commissionata dal Cardinale Alessandro forse per conservare dei manoscritti miniati, oltre a bronzetti, maioliche, avori e altri oggetti di arte decorativa.
Manno di Bastiano Sbarri e Giovanni Bernardi, Cofanetto Farnese
Nelle sale rivolte a settentrione è allestito l’Appartamento Reale, in una sequenza di ambienti che illustrano il gusto decorativo del Settecento e dell’Ottocento; le sale sono decorate con mobili e con dipinti che ritraggono vari esponenti la famiglia Borbone, in stili che vanno dal pompeiano, al neoclassico, allo stile impero.
Angelika Kaufmann, Ritratto della famiglia di Ferdinando IV
Nel Salone della Culla è stato riportato un pavimento in marmo rinvenuto durante gli scavi di una villa romana di Capri. La più particolare delle stanze è il cosiddetto Salottino di porcellana di Maria Amalia di Sassonia, realizzato a metà ’700 per la reggia di Portici, e poi riallestito a Capodimonte nel 1866; è costituito da una decorazione continua composta da oltre tremila pezzi che raffigurano animali, festoni, scene di vita orientale alternate a specchiere, e costituisce uno degli esempi più eclettici del gusto per le cineserie diffuso in tutta Europa nel XVIII secolo.
Appartamento Reale, Salottino di porcellana © Museo di Capodimonte
Due piccole sale costituiscono la Galleria delle porcellane, con una raccolta di vasellame da tavola e oggetti d’arredo provenienti dalle più rinomate fabbriche europee come Vienna, Meissen e Sèvres; fra i pezzi più pregiati è il cosiddetto Servizio dell’oca, sul quale sono dipinte vedute del Regno delle Due Sicilie. Le sale 46-50 ospitano l’Armeria, composta da circa 4.000 pezzi fra armi da fuoco, armature, spade, pugnali realizzate fra il ’500 e il ’700.
Rinfrescatoi, dal Servizio delle vedute del Regno
Al secondo piano del Museo sono allestite le collezioni di dipinti dal Duecento al Settecento che sono stati acquisiti a partire dall’inizio dell’Ottocento per integrare il nucleo originale delle collezioni con opere di scuola napoletana e di altre scuole italiane non presenti nella raccolta Farnese.
Le collezioni di pittura del Duecento, Trecento e Quattrocento si sono formate in gran parte per acquisti e acquisizioni avvenuti nel XIX e XX secolo, dato che la collezione Farnese era quasi del tutto priva di opere dei cosiddetti artisti primitivi. Fra gli esempi più importanti sono la Crocifissione di Masaccio, opere di Simone Martini e di Colantonio.
Masaccio, Crocifissione
Fra i dipinti del Seicento e Settecento, la predominanza di artisti napoletani come Solimena e De Mura deriva dal grande numero di opere che affluiscono nelle collezioni del museo a seguito delle espropriazioni dei beni ecclesiastici durante il periodo napoleonico. Fra le opere più importanti di questi secoli sono la Flagellazione di Caravaggio, in deposito dalla Chiesa di San Domenico Maggiore, Atalanta e Ippomene di Guido Reni, Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi, tele di Luca Giordano, Mattia Preti, del caravaggesco Jusepe de Ribera.
Caravaggio, La flagellazione di Cristo
Una sala è dedicata ai cosiddetti arazzi d’Avalos: tessuti dalle rinomate manifatture di Bruxelles, raffigurano gli episodi principali della battaglia di Pavia del 1525, quando l’esercito di Carlo V, al comando di don Ferrante d’Avalos, vince e fa prigioniero il re di Francia Francesco I.
Il terzo piano del museo ospita la Galleria dell’Ottocento, con opere di artisti sia napoletani che nazionali che vanno dal tardo periodo borbonico agli anni postunitari, come Giuseppe de Nittis, Giovanni Boldini, Domenico Morelli, Nicola e Filippo Palizzi, Vincenzo Gemito.
Giuseppe De Nittis, La traversata degli Appennini
Nella sezione di arte contemporanea sono esposte una selezione di fotografie di Mimmo Jodice, e opere di Andy Warhol, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto; un grande Cretto nero di Alberto Burri è allestito in un’apposita sala del secondo piano.
Andy Warhol, Vesuvius
In occasione della parziale chiusura fino a fine 2025 per lavori di riqualificazione e riallestimento, una selezione di opere della collezione del Museo di Capodimonte è esposta alla Reggia di Venaria (Torino) in una mostra che presenta alcuni dei maggiori capolavori della storia dell’arte italiana dal Quattrocento al Novecento. Per un approfondimento sulla mostra, leggete il nostro articolo Mostra “Capodimonte da Reggia a Museo”.
Il parco che circonda la Reggia di Capodimonte comprende oltre 400 varietà arboree, con diversi esemplari di alberi secolari. La realizzazione del parco, in origine finalizzata alla creazione di una riserva di caccia per il re e la corte, viene avviata da Carlo di Borbone a partire dal 1735. Una volta acquisiti i terreni, un piano organico per la sistemazione del parco viene elaborato dall’architetto Ferdinando Sanfelice, che tenta di portare sotto un disegno unitario una moltitudine suddivisioni ed edifici preesistenti; ne deriva un impianto ricoperto in gran parte da boschi, che nell’area adiacente alla Reggia si struttura nelle forme geometriche date dai cinque vialoni rettilinei che si dipartono a ventaglio dal vasto piazzale ellittico posto all’ingresso. I viali principali sono intersecati da altri minori, a creare composizioni geometriche e punti di fuga verso il bosco e verso la Reggia, in una commistione fra giardino formale all’italiana e giardino all’inglese.
Fontana del Belvedere © Museo di Capodimonte
Sparsi nel bosco si trovano diversi fabbricati destinati in origine agli intrattenimenti della corte, a sede di fabbriche reali (come la Real Fabbrica di Porcellane), a funzioni di culto (la chiesa di San Gennaro), ad attività agricole (frutteti e orti). Nella prima metà dell’800 i terreni agricoli vengono in gran parte trasformati in giardino romantico, secondo le tendenze paesaggistiche del periodo. Il parco è oggi aperto al pubblico e liberamente fruibile.
Belvedere del parco © Museo di Capodimonte
Come arrivare
In auto: parcheggio libero lungo via Capodimonte, e a pagamento in una struttura multipiano nei pressi dell’ingresso (Reggia di Capodimonte Parking, via Capodimonte 25).
Con i mezzi pubblici: diversi autobus raggiungono il parco di Capodimonte dal centro città; per visitare il Museo è consigliabile prendere la linea 63C, con partenza da piazza Dante e fermata nei pressi dell’ingresso Porta Grande.
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