Itinerario Vomero
| Mappa |
Iniziamo questo itinerario facendo una passeggiata in via Scarlatti, la strada più elegante del Vomero che, chiusa al traffico, digrada da piazza Vanvitelli verso via Cilea fiancheggiata da alti platani ed una miriade di negozi. Questo è il luogo ideale per una piacevole passeggiata con qualche sosta frivola dedicata allo shopping. Volgendo lo sguardo verso l’ alto è possibile notare l’ aspro contrasto fra gli edifici ottocenteschi e quelli frutto della speculazione edilizia che negli ultimi trent’ anni ha completamente trasformato il volto del quartiere.
Alla fine di via Scarlatti incrociamo via Luca Giordano e svoltando a sinistra prendiamo via D. Cimarosa dove al n.77 troviamo l’ ingresso alla villa La Floridiana. Nel 1816 Ferinando I di Borbone acquista sulla collina del Vomero una bella villa ed i terreni limitrofi da Giuseppe Caracciolo, principe di Torella, al fine di donarli alla principessa di Floridia (Lucia Migliaccio) sua moglie morganatica, sposata due mesi dopo la morte di Maria Carolina d’ Austria e per questo privata del titolo di regina ed esclusa insieme ai suoi figli dalla successione ereditaria. La villa, ristrutturata dall’ Architetto Antonio Niccolini, tra il 1817 ed il 1819, esisteva già nel XVIII secolo, ma in tale occasione acquisisce le forme neoclassiche che si possono apprezzare oggi.
l parco della villa Floridiana è una scenografica alternanza di tortuosi sentieri e ombrosi boschetti, bellissimo quello di camelie, con ampie zone occupate da praterie e aperte verso il golfo, in un’affascinante sintesi di elementi geometrici tipici del giardino all’italiana e di soluzioni prospettiche del giardino all’inglese.
Ad accrescere l’atmosfera romantica e pittoresca del parco, Niccolini inserì una serie di finte rovine, statue ed elementi architettonici, in parte ancora esistenti. Ricordiamo fra l’altro il Tempio ionico, bianco padiglione a pianta centrale che, posto al margine estremo del giardino a terrazza, inquadra con le sue colonne splendide vedute cittadine; il teatrino della Verzura, struttura a pianta ellittica delimitata da una bassa siepe di mirto, da quinte arboree sulla scena e da una doppia gradinata di piperno nella platea; serragli e grotte che, al fine di soddisfare la passione della duchessa per gli animali esotici, ospitavano uccelli di ogni genere, tigri, orsi, leoni e canguri, questi ultimi frutto di uno scambio con l’Inghilterra costato ben diciotto papiri ercolanesi non ancora svolti.
Nel retro della villa, è presente anche un piccolo laghetto con all’interno delle tartarughe prevalentemente appartenenti al genere Trachemys. (Fonte Wikipedia)
Nel 1919 la tenuta fu acquistata dallo Stato che destinò i due piani di villa Floridiana ad ospitare le collezioni del Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina. Il nucleo maggiore della collezione è costituito dalla donazione fatta nel 1911, alla città di Napoli, da Placido de Sangro, duca di Martina: successivamente il museo è stato arricchito dal lascito di Maria Spinelli, vedova del conte dei Marsi, nipote del di Sangro (1928) e dalla donazione dell’ ultimo duca di Martina, Riccardo di Sangro (1978). Le collezioni furono esposte cercando di conservare l’ allestimento della dimora del proprietario. Il piacevole aspetto di casa-museo è rimasto inalterato nel tempo. Le porcellane esposte provengono dalle più importanti manifatture italiane ed europee. La raccolta di arte orientale, di recente sistemata nei seminterrati, formata in prevalenza da porcellane del ‘700 e ‘800, è fra le più significative in Italia. Il museo conserva avori del ‘400, maioliche, vetri, smalti di Limoges, oggetti di cuoio e di tartaruga e numerosi bozzetti di pittori attivi a Napoli fra ‘600 e ‘700, fra cui Francesco Solimena, Luca Giordano e Paolo de Matteis.
Risaliamo via Cimarosa fino ad incontrare a destra via San Felice dove in una curva della strada possiamo ammirare Villa Scarpetta, detta anche “La Santarella”, costruita nel 1909 per il celebre autore ed attore comico napoletano Eduardo Scarpetta, padre di Eduardo de Filippo, la cui opera più nota è appunto “Na Santarella”; sulla facciata della villa si può notare l’ iscrizione “Quì rido io”.
Lungo via Luigia Sanfelice e la vicina via Filippo Palizzi sorgono eleganti edifici di notevole interesse per lo stile eclettico, di gusto neorinascimentale o liberty.
Ora abbiamo due possibilità, tornare indietro in via Cimarosa oppure proseguire per via Sanfelice consapevoli del fatto che la strada diventerà abbastanza tortuosa perchè incontreremo una serie di scalinate alquanto ripide. Optiamo per la prima ipotesi anche se noi abbiamo proseguito perchè da quì si possono ammirare panorami stupendi. Ritornati in via Cimarosa proseguiamo fino in piazza Fuga dove troviamo la stazione della funicolare centrale. Nel 1875 gli ingegneri Bruno e Ferraro progettarono un impianto che risaliva la collina del Vomero lungo i due versanti di Montesanto e di Chiaia con due funicolari collegate tra loro, in modo che la salita di una servisse alla discesa dell’ altra. La ferrovia “di delizia”, come fu definita avrebbe consentito ai viaggiatori di ammirare gli stupendi panorami del golfo. Il progetto iniziale fu via via modificato: furono realizzate due funicolari indipendenti che correvano in galleria e non più all’ aria aperta e che collegavano in modo rapido ed efficiente il centro della città al Vomero. La funicolare di Chiaia fu inaugurata nel 1889, quella di Montesanto due anni dopo.
Con le scale mobili ci portiamo in via Morghen, poi in via Ligorio, via Caccavello ed infine in Via Angelini, da quì si può già ammirare la maestosa Certosa di San Martino, la cui costruzione fu iniziata nel 1325 per volontà di Carlo, duca di Calabria, figlio di Roberto d’ Angiò. L’ aspetto trecentesco della Certosa scomparve sotto la veste manierista e barocca in seguito ai lavori iniziati alla fine del XVI secolo e continuati, con varie vicissitudini, nei due secoli successivi. Artefici delle maggiori trasformazioni furono Giovanni Antonio Dosio nel ‘500 e Cosimo Fanzago nel secolo successivo. Dal ‘500 al ‘700, grazie anche ai gusti sempre aggiornati della committenza certosina, a San Martino lavorarono i più grandi artisti del tempo. Soppresso il monastero dai francesi nel 1806, il complesso è dal 1866 sede del Museo di San Martino, in cui sono raccolte preziose testimonianze dell’ arte e della storia della città. Il nostro itinerario del Vomero termina quì
Se dopo la visita alla Certosa di San Martino si ha ancora un pò di forza e soprattutto voglia di camminare ancora, possiamo farlo scendendo le rampe di Pedamentina, la strada gradinata nata per collegare Castel Sant’ Elmo alla città bassa. Oggi come in passato, rimane una piacevolissima passeggiata verso il mare tra il verde dei pendii. Conviene percorrere i suoi 414 gradini in discesa, da San Martino a corso Vittorio Emanuele, godendo di giorno bellissimi panorami che mutano man mano che si scende, senza lasciarsi condizionare dalle costruzioni povere e fatiscenti che si trovano lungo il percorso. Se percorsa interamente, la strada ci condurrà fino alla Gaiola dove potremmo godere di una veduta meravigliosa affacciati sul mare.
| Mappa |